patrizio di marco

Chi mi segue su Facebook saprà già che ieri pomeriggio ho partecipato al seminario 
“I Professionisti della Moda” durante il quale ho avuto la possibilità di conoscere Patrizio Di Marco
Presidente e Amministratore delegato di Gucci.

Patrizio Di Marco e il Prof. Saggioro, Presidente del corso di laurea

Quello che credevo sarebbe stato un seminario finanziario/economico è stato invece improntato in maniera totalmente differente. Di Marco ha messo da parte i numeri e si è concentrato fin da subito su quello che è stato il suo percorso formativo e lavorativo, senza tralasciare gli aspetti antropologici di una vita, la sua,
trascorsa sempre nel punto di mezzo fra genio e follia.

Il suo racconto è stato talmente ispirante che non posso fare a meno di fornirvene una sintesi.

Di Marco nasce in una famiglia piccolo-borghese, a causa del lavoro del padre si trasferisce molte volte, cambiando non solo casa ma, conseguentemente, anche stile di vita e amici. Proprio questa abitudine al continuo cambiamento, a detta dello stesso Di Marco, ha costituito una risorsa importante per il suo percorso lavorativo. Ha da sempre nutrito il desiderio di viaggiare con lo scopo di conoscere e vivere il mondo; la prima occasione arriva grazie ad una borsa di studio, che a causa di una malattia è costretto a rifiutare. Solo grazie agli sforzi economici dei genitori riesce a partire dopo il diploma di scuola superiore per “assaggiare l’America” con un soggiorno fra USA e Canada, un’esperienza che gli cambierà la vita ma che non placherà la sua sete di vivere all’estero. L’anno successivo si iscrive alla Facoltà di Economia per rimandare il servizio di leva militare e grazie ad un’altra borsa di studio parte per il Giappone. Un soggiorno lungo 1 anno, caratterizzato da grandi soddisfazioni ma da altrettante difficoltà, legate soprattutto alla mancata integrazione in un mondo così diverso da quello occidentale.

Al ritorno in Italia capisce che è il momento di fare qualcosa per coloro che gli avevano permesso di realizzare
il suo sogno di “cavaliere errante”: i suoi genitori. Recupera il tempo perso e consegue la laurea in Economia Aziendale all’età di 25 anni. Credendo che il suo futuro fosse nel campo del marketing di impresa, invia i suoi curricula alle aziende del settore e riceve un’offerta dalla Nomura, che tuttavia rifiuta perchè “gli indici finanziari e la borsa sono cose immateriali”.
Possiamo dire che la sua carriera spicca il volo quando il Gruppo Finanziario Tessile lo vuole responsabile della divisione sportswerar per una join-venture con un trader giapponese. Afflitto da un continuo (ed immotivato) senso di inadeguatezza si dedica anima e corpo allo studio dei tessuti, delle composizioni e delle etichette, perchè “per ricoprire un ruolo tanto importante è necessario conoscere e approfondire”.
Siamo nel 1993: dopo tre anni GFT decide di ritirarsi dal mercato orientale e Di Marco si trova davanti un’altra scelta: da una parte Armani, azienda all’apice del successo, dall’altra Prada, ancora agli esordi.
Di Marco sceglie la piccola azienda, e diventa Direttore Commerciale della divisione giapponese del marchio.
Dopo due anni Bertelli lo trasferisce a New York (“come l’uomo ragno!”) come Direttore Marketing e Merchandising di Prada America (che all’epoca contava solo 2 monomarca e alcuni corner). Grazie alle sue spiccate capacità imprenditoriali porta l’azienda al massimo e nel 1998 decide di lasciare e di tornare in Italia perchè “non c’erano più stimoli”.
Nel 2001 viene contattato dal gruppo Gucci che lo vuole a capo di Bottega Veneta, un’azienda che in quegli anni era non solo in perdita, ma anche priva di stile. Ricopre il ruolo di Presidente e CEO e, grazie ad una strategia sempre coerente, la trasforma in una “fuoriserie”, fin quando nel 2008 gli affidano “l’ammiraglia” del gruppo, IL marchio leggendario: Gucci.
In quegli anni l’azienda aveva ormai perso il glamour che l’aveva caratterizzata negli anni 60 e 70 e si era posizionata più in basso rispetto a competitors quali Hermés; inoltre il suo era un prodotto concepito come massificato e non più d’elite. Si rendeva dunque necessaria una ristrutturazione interna “per non diventare un Burberry di alto livello”.
Il riposizionamento di un’azienda di successo è un processo complicato, ma gli sforzi sono stati premiati: sotto la guida di De Marco (e grazie all’intuito di Frida Giannini – ndr.) il brand reintroduce i prodotti iconici (e non logati!), investe sul Made in Italy e recupera i valori che lo avevano reso mtitco, tornando al top in pochissimo tempo.

Come vedete dalla foto qui sopra, Di Marco ci ha lasciato con questa frase di Henly:
“Sono il padrone del mio destino. Sono il capitano della mia anima”
Una frase che può essere considerata il riassunto perfetto per le scelte, spesso azzardate ed impulsive,
che gli hanno permesso di diventare l’uomo che è ora.  
“Non riesco ad immaginare cos’altro potrei fare, ma comunque non mi sento arrivato” 
ci confessa Di Marco. 
E io credo proprio che il segreto del successo sia questo, pretendere e dare sempre il massimo,
senza perdere di vista i propri sogni.
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